Articoli sui progetti in Brasile

Capitolo 3: ma in realtà in questa data la storia si ferma.

La sintesi storica dovrebbe continuare con l’atto di abolizione della schiavitù firmato dalla principessa Isabel nel 1888. Ma in realtà ….. Nulla è cambiato in profondità. Alle navi negriere si sostituiscono i politici, al reclutamento di indigeni si sostituiscono le […]

La sintesi storica dovrebbe continuare con l’atto di abolizione della schiavitù firmato dalla principessa Isabel nel 1888. Ma in realtà …..

Nulla è cambiato in profondità.

Alle navi negriere si sostituiscono i politici, al reclutamento di indigeni si sostituiscono le multi nazionali.

Al posto delle catene c’è la schiavitù economica.

Cambiano i nomi ma non la storia.

Anzi, nella cultura della maschera è più facile ritenersi “cooperanti allo sviluppi dei popoli“: dalla non-storia degli indios AVAETE’……

…. i rilevamenti aerei  avevano individuato una vasta zona di “madeira” (legna) pregiata.

Il fitto della foresta amazzonica del Matogrosso era riuscita a tenerla nascosta fino ad ora alla cupidigia dei mercanti intercontinentali.

La terra è di proprietà del governo Brasiliano e per essere acquistata deve essere priva di infestanti del genere umano impropriamente chiamati indios. Infelicemente, la tribù degli Avaeté si trova proprio nel mezzo della zona interessata all’acquisto.

Pochi lo sanno, e nessun altro lo saprà.

Pochi dollari tacciono la bocca all’affamato, la paura e la morte chiudono invece la bocca al missionario.

E così, un comando di mercenari affronta la foresta da terra mentre un “teco-teco” (piper) guida la spedizione dall’alto.

E’ molto semplice, prima si richiama il popolo dall’aereo con lanci di dolciumi e poi si mitraglia la “massa” riunita.

Il commando a terra finisce sadicamente il lavoro. Sui particolari perfino Hitler si vergognerebbe.

La strada che collega Brasilia con Belem è stata aperta allo stesso modo.

Il problema più grosso non fu la deforestazione e il controllo della ricrescita continua della foresta, ma gli indios da spostare o far sparire.

Spostare è arduo e costa, far sparire invece è rapido e economicamente conveniente. I vecchi missionari potrebbero raccontare molte cose a riguardo, come anche molti civili a Imperatriz nello stato del Maranhao, ma tutti tacciono o giustificano nel nome del progresso tanto, dicono, non sono che animali, bichos do mato, animali della foresta.

Anche la costruzione della trans-amazzonica ha causato l’etnocidio di migliaia di indios.

Il 27.12.1976, un ministro …… disse queste parole: ”Portiamo a compimento le mete prefissate dal presidente, perché, attraverso un lavoro concentrato tra i vari ministeri, tra dieci anni possiamo ridurre  a 20.000 i 220.000 indios esistenti nel Brasile e tra 30 anni saranno debitamente integrati nella società nazionale.”

Sono chiamati indios, parola che non esiste nel loro vocabolario.

Nel caso dei Kraho il ceppo linguistico è il Macro-Jé.

I Kraho infatti si chiamano Me-hi e non indios. Vivono nell’aldeia Pedra Furada.

Anche aldeia, che in portoghese significa villaggio, nel linguaggio Kraho non esiste. Vivono invece nel Kri che sta a significare lo stile di vita dei Me-hi: la comunità. Tutta un’altra cosa da villaggio!

Inoltre si chiamano Ken-poi-kre e non Pedra Furada.

Kem-poi-kre jo Kri, comunità Kraho Ken-poi-kre.

Per la società bianca sono gli indios dell’aldeia Pedra Furada, in realtà sono e devono essere Ken-poi-kre katejé.

Questo introduce decisamente nel mondo dell’annullamento culturale, dell’appiattimento europeizzante, perpetuato senza scrupoli da invasori e a volte da missionari su queste popolazioni assolutamente impreparate alla vigliaccheria dell’avere e dell’accumulare caratteristico della nostra società.

Tutti devono essere formati a immagine e somiglianza del capitalismo selvaggio.

Nel 1978, il maggiore PROTASIO LOPES DE OLIVEIRA, disse: ”La parola indios, ben lontana dall’esprimere una origine, esprime invece unicamente una condizione sociale inferiore, un modo di vivere primitivo. Come i favelados di Rio de Janeiro o come gli abitanti dei Mocambos di Recife, che vivono in un sub mondo di miseria e immondizia…..necessitano estremamente di educazione”.

Il mondo indigeno è quindi marcato da una serie di stimoli forti capaci solo di creargli una coscienza di inferiorità rispetto al bianco. L’universo Kraho sta trasformandosi perdendo la sua unicità e compattezza portando il popolo a confusione e incertezze.

Dentro la testa (hikra) del Me-hi sta sempre più entrando un mondo contraddittorio e irresponsabile che abbaglia la mente dell’indiano attirandolo irrimediabilmente verso la perdita del più alto valore umano: la fraternità.

Padre Valber, in un momento di sconforto ha detto cosi:” E’ decretata l’estinzione delle ultime nazioni indigene. Il mondo moderno si trova incompatibile con la loro esistenza. Non resta altro all’indio che accettarsi come un assurdo e lasciarsi andare…”.

Triste profezia che proprio all’inizio di questo 1996 si è cominciata ad avverare nel suicidio in massa di indios brasiliani.

“Io sono ancora giovane” mi disse Kaihy, “ma anche così posso dire la verità: che questo nostro mondo era molto più bello quando viveva solo l’indio.

Da quando è arrivato, il bianco sta distruggendo tutto, la foresta, i suoi animali, gli uccelli, i fiumi…riesce perfino a sporcare l’acqua che beve!

Ma non mi preoccupa molto di questo, perché tutto quello che il bianco sta facendo è sopra la terra, il Pje. Quando comincerà a fare qualche cosa lassù, in cielo, allora si che Pa-pam la finirà con questo gioco.

Pa-pam sta guardando il bianco giocare con il suo creato. Solamente che Dio non ha creato solo questa terra. Lui ha fatto molte altre cose che nemmeno il bianco conosce. Non lascerà che il bianco distrugga tutto quello che ha fatto.

Qui in questa terra che è rimasta per noi non permetteremo ne “garimpo” (scassi) ne trafficanti di legna. La nostra acqua il bianco non la sporcherà. Dobbiamo avere cura della terra che Dio lasciò per noi e per i nostri figli. Noi non siamo come il bianco che non pensa al domani e nemmeno agli altri giorni che nasceranno. Per questo più avanti la vita del bianco sarà molto triste.

Quando distruggerà tutto si ricorderà allora di Dio?

Dovrebbe ricordarsene adesso per avere più rispetto”.

Non si è mai pianeggiato lo sviluppo del bacino amazzonico in funzione dei suoi abitanti e nemmeno in funzione di un futuro ecoambientale.

L’amazzonia è sempre stata pensata in termini di interessi economici e data in pasto all’appetito monetario di imprese nazionali e internazionali come monopolio del governo per il pagamento dei debiti esteri o come campo di manovra di una geopolitica militare di frontiera.

L’ecosistema è un meccanismo molto sensibile, alimentato dal costante e sempre presente sole tropicale.

Le piante sono in una iper attività metabolica; tutto è in un costante stato di vita o di morte, di sviluppo o deterioramento, di attacco o difesa.

Nel punto in cui un albero è caduto per disfarsi e imputridire, decine di piantine nuove irromperanno immediatamente per la vita, attraverso quel raggio di sole che penetra attraverso lo spazio aperto dalla pianta caduta.

E’ decisamente un sistema efficiente, avaro, che si cura da solo e  niente viene perduto.

La foresta amazzonica deve essere autosufficiente poiché, il suolo antico è stato notevolmente spogliato di minerali e sostanze nutritive.

Solamente il 4% può contare su quello che gli agronomi considerano suolo fertile.

Dislocate attorno all’equatore, su 800 milioni di ettari, le foreste tropicali formano come una corona attorno alla terra.

Il 53% si trova in America Latina; il 27% in Africa e il restante 20% è ripartito tra Asia e Oceania.

Tra i paesi maggiormente interessati spiccano il Brasile che da solo ne ha il 28%, lo Zaire che ne ha il 14% e l’Indonesia che ne ha il 10%.

Le foreste tropicali sono distrutte al ritmo dell’1,8% l’anno.

Tradotto in termini assoluti corrisponde a 142.000 chilometri quadrati l’anno, a 390 chilometri quadrati al giorno, a 16 chilometri quadrati all’ora e a 27 ettari al minuto.

In testa alla classifica, come tasso di deforestazione, viene la Costa d’Avorio con il 15,6% seguita dalla Nigeria con il 14,3% ed entro pochissimi anni le loro foreste saranno completamente esaurite.

A livello planetario, dal 1950 ad oggi, l’area ricoperta di foresta si è dimezzata.