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Capitolo 4: accenni di storia e cultura Kraho

In Brasile prima dell’arrivo di Colombo viveva solo l’indio. Aveva tutto ciò di cui necessitava, e lo aveva senza difficoltà. Molte nazioni abitavano da tempi immemorabili il sud del continente americano. La presenza dell’uomo data perlomeno 48 mila anni. Gli […]

In Brasile prima dell’arrivo di Colombo viveva solo l’indio. Aveva tutto ciò di cui necessitava, e lo aveva senza difficoltà.

Molte nazioni abitavano da tempi immemorabili il sud del continente americano. La presenza dell’uomo data perlomeno 48 mila anni. Gli uomini che vivevano nelle grotte hanno lasciato testimonianze della loro cultura in pitture che decorano le pareti. Scene di caccia mostrano che il tatù (armadillo), era cacciato a mano o a colpi di bastone. I giaguari erano cacciati con lance corte tirate da lontano con l’aiuto di un arco.

Altre pitture rupestri rappresentano il quotidiano di millenni addietro: una coppia unita per le mani in un delicato gesto di danza; una coppia protegge dolcemente un bambino; figure che danzano freneticamente. Altri si pitturano con diversi colori, pescano etc.

Esistono ancora in Brasile circa 170 nazioni indigene. Ognuna di queste possiede una identità socioculturale e religiosa propria. Si differenziano principalmente per la lingua strutturata a partire da tre tronchi principali: il TUPI-GUARANI, l’ARUAK, e il MACRO-JE , sommando un totale di 150 lingue, molte di queste con dialetti. Ci sono inoltre 10 famiglie linguistiche che non derivano da nessuno di questi tronchi.

Il termine “indio” , usato dal bianco conquistatore per denominare i popoli che abitavano il continente americano, ha avuto l’effetto di camuffare la diversità culturale esistente tra le varie nazioni indigene.

Il popolo Kraho è un popolo indigeno appartenente alla grande nazione TIMBIRA.

E’ situato nella regione tocantina ma originario del Maranhao. Il ceppo linguistico è il Macro-Jé.

I Kraho si chiamano Me-hi e non indios. Vivono nell’aldeia Pedra Furada.

Anche aldeia, che in portoghese significa villaggio, nel linguaggio Kraho non esiste. Vivono invece nel Kri che sta a significare lo stile di vita dei Me-hi: la comunità. Tutta un’altra cosa da villaggio!

Inoltre si chiamano Ken-poi-kre e non Pedra Furada.

Ken-poi-kre jo Kri, comunità Kraho Ken-poi-kre.

Per la società bianca sono gli indios dell’aldeia Pedra Furada, in realtà sono e devono essere Ken-poi-kre katejé.

In Maranhao nel 1612 si calcolava una popolazione di circa 250.000 indios. Oggi si riduce a poco meno di 12.000 persone.

Oltre ai Kraho esistevano i Tupinambà, i Barbado, i Sacamekra, gli Amanajò, i Krie, gli Uruati, i Tremenbé, i Kenkateje, i Guanaué, gli Araiose, i Gamella, i Pobzé, i Kapiekra ed altri oggi definitivamente scomparsi.

Solamente i Tenetehara, i Canela, i Krikati e i Gaviao sono sopravvissuti alla colonizzazione.

Cosa è successo?

I popoli che abitavano il sud del Maranhao a partire dal XIX° secolo hanno visto i loro territori invasi dalle mandrie di allevatori. All’inizio resistettero ma ben presto dovettero soccombere alla forza e all’astuzia dei comandanti di “bandeiras”. Gli indios presi venivano venduti come schiavi.

Anche le epidemie furono armi  preziose per combattere i valenti Timbira.

Con il tempo, colpiti dalla malattia e dalla miseria e in conseguenza alle notevoli riduzioni del loro territorio invaso dai bianchi, il numero dei Timbira diminuì sensibilmente. In qualunque parte si accampassero incontravano resistenze da parte degli allevatori che li accusavano di furti di vitelli e di invasione di terra.

Piccole scaramucce erano all’ordine del giorno ma non mancarono veri e propri massacri pianeggiati.

Oggi, della grande nazione Timbira, restano appena i Canela Apaniekra, i Canela Rankokamekra, i Krikati e i Gaviao Pukobye nel Maranhao, i Kraho e gli Apinajé nel Tocantins e i Gaviao Parakateye nel Parà.

Chi sono – come vivono

I Timbira, in modo generale, hanno tradizioni molto simili tra loro. Il loro abitat naturale è il Sertao, la savana. Gli unici Timbira a vivere nella foresta sono i Gaviao del Para e del Maranhao.

Le loro aldeie sono costruite in forma circolare, con le case poste nella circonferenza del cerchio e con una piazza circolare centrale. Dalla piazza centrale partono strade che arrivano alle case.

La vita nella società Timbira è permeata di vari riti. Esistono riti per rendere ordine alle relazioni personali, riti tra parenti consanguinei, riti per il ciclo annuale diviso in due parti ben distinte, la stagione secca e la stagione piovosa, riti per l’iniziazione dei giovani  (per entrare in una nuova tappa della vita sociale), riti legati alla procreazione, riti per il nome personale e riti per il matrimonio e la morte.

Nell’aldeia, villaggio, kri, esistono due tipi di leader scelti dal gruppo: il Pa-hì responsabile delle relazioni con l’esterno del villaggio e gli eletti, sempre in numero di due  e che appartengono rispettivamente alle due metà del villaggio. Sono in carica durante una delle due stagioni principali della regione, la pioggia e il secco. IL compito dei prefetti è quello di coordinare l’attività diaria del villaggio e dividere i beni comunitariamente.

Oltre a queste figure spicca il consiglio degli anziani del quale fanno parte solo gli uomini del villaggio. Il consiglio orienta i prefetti e discute con il Pa-hì i problemi più gravi.

C’è inoltre un organizzatore della comunità, il capo dei riti, lo “chamador” (colui che chiama) e il cantore.

Nell’organizzazione familiare esistono tre unità: la famiglia, il gruppo domestico e il gruppo  residenziale di appartenenza.

La caratteristica che contraddistingue i gruppi residenziali è la posizione cardinale che mantengono sempre anche quando l’aldeia si sposta in un’altro luogo.

Il matrimonio deve avvenire tra persone appartenenti a gruppi residenziali differenti. Il gruppo domestico è formato da varie famiglie e le donne sono parenti tra loro. E’ quindi il marito che cambia gruppo residenziale.

La caratteristica principale di questo popolo è la vita comunitaria vissuta all’interno del Kri. Kri significa appunto comunità.

Ed è proprio la caratteristica morfologica del Kri che caratterizza e diventa parte costitutiva del dinamismo comunitario.

L’aldeia è di forma circolare, come una grande ruota. Tutte le case si trovano lungo la circonferenza esterna in un’unica linea e guardano al centro del Kri chiamato ka. Questo è il centro sacro di tutta la vita socio relazionale del popolo.

Dal Ka partono stradine a raggiera chiamate Pri-karà che rappresentano i raggi del sole e  che collegano il centro con il cammino circolare esterno che collega le case chiamato Kri-kapé. Il Kri-Kapé rappresenta la luna.

Esternamente, fuori dal Kri, c’è il mondo dell’ignoto, delle tenebre, dei morti, delle forze sconosciute.

Le forze negative provenienti dall’esterno possono intaccare i rapporti e le relazioni della vita quotidiana e familiare vissuta nel Kri-kapé.

Tutte le sere, immancabilmente, uno degli anziani (mekaré) chiama a raccolta tutti gli uomini nel Ka. E’ meraviglioso il richiamo di questo anziano che, uno alla volta, pronuncia il nome di ogni uomo del villaggio anticipato dal gruppo di appartenenza.

L’area sociale è nettamente divisa in due parti.

Ogni cosa è vissuta con un forte dualismo e in opposizione al suo contrario. Così le persone, le case, lo spazio sono divisi in due gruppi permanenti: Wakme-jé e Katam-jé: Estate e inverno.

L’anziano pronuncia quindi il nome del gruppo residenziale di appartenenza e il nome dell’uomo. “Wakme-kuka”… “Katam-kontxa”…

IL ka è il luogo sacro che richiama la forza di Pyt, il Signore dell’universo.

In questo luogo vige la legge dell’unione. Tutti i problemi sono vissuti e dibattuti in funzione del bene comune. Le varie discordie o conflittualità vissute nel quotidiano vengono automaticamente messe da parte a meno che non siano questioni di rilevanza particolare nel qual caso l’anziano proporrà la discussione su tale problema.

I problemi e i conflitti vengono affrontati e discussi nel Ka. Tale luogo è inaccessibile alle forze del male e permette agli uomini di dibattere, alla luce dell’energia cosmica di Pyt, in funzione del bene comune e della vita sociale. La donna è invece signora della vita domestica .

Per sua indole è decisamente più forte dell’uomo ma incapace di resistere alle tentazioni delle forze negative provenienti dall’esterno dell’aldeia.

La donna quindi assorbe questa energia che crea le piccole discordie quotidiane trasferendola anche al marito il quale, la porterà con se alla sera nel Ka e la presenterà alla forza dell’unione.

Questa energia dell’unione caricherà l’uomo di positività che, attraverso il Pri-kara (i raggi del sole), la porterà anche alla propria donna proponendo le soluzioni che il consiglio da deciso.

Frequentemente  viene fatta una festa chiamata Amikin. La traduzione che più si avvicina alla nostra lingua è “festa del volersi bene”. Sarebbe più corretto ancora non parlare di Amikin ma di stato di Amikin, stato del volersi bene. Questo può essere dichiarato per tantissimi motivi, come per esempio l’arrivo di ospiti in aldeia, il raccolto, un voto propiziatorio, un battesimo, un matrimonio l’iniziazione o altro.

Lo stato di Amikin gioca un ruolo fondamentale per la convivenza pacifica tra gruppi familiari. 

Tutta la comunità in questa occasione dimentica i problemi e i litigi tra le famiglie. E’ una cosa sorprendente perché è automatica, naturale.

E’ normale che succeda questo.

Mentre in ogni gruppo familiare è normale che prima che il sole tramonti deve esserci il perdono tra tutti i membri, nell’Amikin questo diventa normalità per tutto il villaggio.

Durante questa festa, che può durare da due a cinque giorni, i rapporti nel Kri sono particolari, con continui momenti di visita e scambi tra famiglie, di riunioni nel Wyty (casa delle riunioni), di canti, di danze, di corse e di staffette. Il culmine della festa si raggiunge con il Paparut.

Si tratta di un grande impasto di manioca cosparso di carne fresca. Questo grande impasto viene preparato su foglie di banana selvatica e cucinato su pietre roventi tutta la notte.

All’alba viene tagliato dai prefetti e distribuito a tutti. Le dimensioni sono di circa due metri quadrati.

Dopo il Paparut il villaggio riprende la quotidianità.